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Storia dell'animazione e dibattito odierno


L'animazione è oggi una delle funzioni educative più diffuse nei settori extrascolastici. Essa rivolge la propria azione nei confronti di tutte le fasce di età, anche se il suo terreno privilegiato è ancora costituito dai giovani, e si è anche affermata come metodo privilegiato di intervento nei confronti di situazioni di disagio sociale. 
Forse proprio a causa di questo successo l'animazione è per molti, purtroppo, la funzione educativa più indeterminata e, per molti versi, la più generica. Ciò è anche dovuto al fatto che in molti casi la parola animazione viene utilizzata (essendo di moda) per dare presentabilità ad attività che si vorrebbero educative, ma che sono solo desideri di avventura culturale. 
Vi è però anche una ragione più seria che rende poco decifrabile il significato della parola animazione ed è l'esistenza di varie tendenze culturali, molto serie peraltro, che propongono concezioni assai differenti dell'animazione.


Cinque filoni dell'animazione

Queste tendenze - con una semplificazione non troppo violenta - possono essere raccolte in cinque filoni principali. 
Il primo filone, forse quello più noto negli anni delle origini del movimento dell'animazione, è quello legato all'animazione teatrale, o di tipo espressivo in generale, che conta al proprio interno figure storiche tra cui Rodari, Passatore e Scabia. Questo tipo di animazione, nato sotto il segno della liberazione della espressività e della fantasia attraverso la festa e il gioco, è passato progressivamente ai problemi della vita quotidiana e del territorio. Si può perciò affermare che l'animazione teatrale è passata da un teatro che libera dalle paure e dalle inibizioni ad un teatro che serve alla vita di ogni giorno. 
In questo passaggio l'animazione teatrale è andata evolvendo verso l'animazione socioculturale o, perlomeno, ha favorito lo sviluppo di quest'ultima. 
Il secondo è il filone dell'animazione socio-culturale. Esso è ben rappresentato dalla rivista "Animazione Sociale". La caratteristica di questa scuola di animazione è costituita dal suo collegamento con il volontariato e dal fatto che colloca la sua azione come intervento nel territorio, al fine di favorire i processi di crescita della capacità delle persone e dei gruppi di partecipare e gestire la realtà sociale e politica in cui vivono. E' una educazione liberatrice che si avvale, oltre che dell'azione nel territorio, dell'uso della azione psico-sociale volta a promuovere la capacità espressiva delle persone. E' questo un movimento ormai consolidato, con alle spalle un consistente retroterra teorico e metodologico che costituisce uno dei maggiori punti di riferimento per chi voglia fare animazione in Italia. 
Il terzo filone è quello dell'animazione culturale in senso fortemente educativo, e fa capo alla rivista "Note di Pastorale Giovanile". Caratteristico di questo movimento è aver ripensato l'animazione come un vero e proprio modello educativo valido sia in un contesto scolastico che extrascolastico. L'animazione culturale - secondo questa accezione - è una vera e propria teoria educativa, fondata su concezioni filosofico-antropologiche, su un metodo validato e su una strumentazione particolare. 
La scelta dell'aggettivo "culturale" deriva dal privilegio delle dimensioni della cultura nella costruzione dell'identità individuale e storico-sociale dei soggetti dell'animazione. E' questo il movimento più diffuso nell'ambito ecclesiale italiano, anche se la sua presenza non è limitata a questa area sociale. Un motivo di questa diffusione nell'ambito ecclesiale è dovuto allo stretto collegamento che questa concezione ha operato con la più moderna concezione della "Pastorale Giovanile". In questi ultimi anni ha avuto una forte diffusione anche nei paesi di lingua spagnola. 
Il quarto filone, che si deve citare solo per motivi statistici, è quello che raggruppa quelle attività di animazione cresciute all'ombra dei villaggi turistici, ma la cui dignità educativa è tutta da dimostrare. Il quinto filone è quello che si limita ad applicare tecniche e metodi di lavoro, desunti dagli studi di dinamica di gruppo e della comunicazione interpersonale, a varie attività educative. E' questa la dimensione più tecnica e diffusa del fare animazione, anche perché tutti gli altri filoni utilizzano abbondantemente queste tecniche all'interno dei loro percorsi formativi. Tuttavia, da solo, questo insieme tecnico e conoscitivo non costituisce una adeguata concezione dell'animazione socio-culturale e culturale. Purtroppo molti animatori pensano che animare sia solo l'applicazione di certe tecniche di lavoro di gruppo.

L'evoluzione dell'animazione in Italia

La storia dell'animazione è ancora talmente breve che la sua descrizione sembra più una cronaca che una vera e propria storia. Tuttavia nel suo sviluppo sono già identificabili tre periodi ben distinti: la nascita, il decollo e la maturità.Per quanto riguarda il primo periodo è ormai accettato da tutti che l'animazione è nata nel nostro paese intorno ai temi della creatività negli anni del decollo dell'industria culturale e dell'avvento della scuola di massa: come risposta, quindi, ai problemi conseguenti alla crisi della scuola tradizionale e a quella della trasmissione culturale sociale. In questo periodo l'animazione ha esplorato i territori dell'espressività nelle sue varie forme artistiche e sociali, e vede l'affermarsi di quello che è stato definito il primo filone delle varie concezioni dell'animazione. 
Il periodo del decollo è immediatamente successivo al '68. In quegli anni l'animazione spostò la sua attenzione dall'ambito della scuola dell'obbligo a quello del territorio, alla ricerca di nuove risposte ai vecchi modelli politici e culturali. Il territorio divenne il luogo privilegiato di varie esperienze, più o meno spontanee, finalizzate a risvegliare la presa di coscienza, la partecipazione politica e la liberazione delle persone dai condizionamenti sociali, culturali ed economici che ne impedivano la realizzazione individuale e collettiva.Questo movimento era un'attività in cui l'animatore - attraverso "l'educativo"- perseguiva un obiettivo politico o parapolitico. 
Successivamente questo tipo di "tensione" è stato raccolto, parzialmente, dalle attività culturali delle amministrazioni comunali che hanno avviato progetti di animazione socioculturale rivolti alla scuola dell'obbligo, ai centri sociali di quartiere, alle attività ludiche e sportive, alla gestione delle estati per i ragazzi, per gli adulti e per gli anziani. In questo periodo si afferma il filone socio-culturale, e nasce e cresce a ritmi molto intensi quello culturale. L'ultimo periodo, quello attuale, è meno ricco di tensioni politiche, ma assai più consapevole della valenza squisitamente educativa dell'animazione. In questo periodo quasi tutte le correnti teoriche dell'animazione hanno, infatti, selezionato i loro obiettivi specializzandoli. Nello stesso tempo i movimenti dell'animazione hanno collocato la propria azione all'interno delle agenzie istituzionali di socializzazione, di inculturazione, di educazione, e di gestione e controllo della marginalità e della devianza. Per questo motivo la fase attuale è quella che può consentire una maggiore convergenza delle varie scuole di animazione verso un'area disciplinare comune.

L'ambito di attività dell'animazione oggi

L'ambito di attività in cui si esercita oggi l'animazione va dalla scuola ai laboratori teatrali ed espressivi, ai centri sociali, alle comunità educanti, allo sport e al tempo libero, alla prevenzione nei confronti di soggetti a rischio e nel recupero di soggetti marginali e devianti. 
Secondo i dati di alcune ricerche a livello regionale, l'ambito prevalente di attività è nel cosiddetto settore culturale: cultura, tempo libero, sport, quartiere. Subito dopo viene l'attività con i portatori di handicap, seguita a una certa distanza da quella nel quartiere e nelle istituzioni educative. All'ultimo posto si colloca l'attività nella scuola dell'obbligo e con gli anziani. E' chiaro che a queste descrizioni sfuggono completamente le attività di volontariato, quelle "private" e quelle che si svolgono all'interno delle organizzazioni ecclesiali.Questi dati, comunque, testimoniano una diffusione dell'attività di animazione anche all'interno delle principali aree di intervento dei servizi socio-assistenziali. 
Come si vede, non sono state prese in considerazione le cosiddette attività di animazione dell'industria del tempo libero e del turismo, perché esse sono solo un segno della azione di manipolazione e di alienazione che questa industria svolge al fine di far consumare i propri prodotti. 
Infatti se c'è un elemento su cui tutte le altre attività di animazione convergono, è quello costituito dalla tensione verso la liberazione della persona. Non importa poi il fatto che alcuni pensino a questa liberazione in termini politici, altri in termini creativi e psicologici ed altri ancora trascendenti. L'importante è la liberazione della persona umana da quei condizionamenti che ne limitano la realizzazione e la capacità di governo della propria esistenza individuale e collettiva. 
L'industria del tempo libero propone invece ai suoi utenti l'alienazione del loro ultimo luogo di libertà, il tempo libero appunto, affinché sia assoggettato ai modi e ai ritmi della produzione di questa industria. 
La specializzazione dell'animazione ha comportato tra l'altro che essa sia stata assunta, in alcuni casi, non più solo come attività complementare, ma come momento centrale dell'attività scolastica. 
Allo stesso modo alcune attività che tradizionalmente erano ascritte alla educazione specializzata o professionale, sono state assorbite dall'animazione socioculturale. 
Tuttavia il quadro qui sommariamente delineato rischia di risultare impreciso se non viene integrato da una breve descrizione del dibattito che sta nascendo intorno al ruolo odierno dell'animazione.

Il dibattito sull'animazione oggi

Alcuni autorevoli studiosi di "cose sociali" cominciano ad affermare che l'animazione (sia essa culturale o socioculturale o sociale) non sarebbe che una buona concezione dell'educazione e, quindi, sarebbe improprio chiamarla con un nome diverso da quello di educazione.

L'allargamento degli ambiti di educazione

A parte l'indiretto ma pregevole riconoscimento dell'efficacia educativa dell'animazione, c'è da rilevare che l'animazione non ha mai voluto non essere educazione, ma si è sempre posta solo come un modo diverso, rispetto alle prassi abituali e dominanti, di fare educazione. 
Diversità che era ed è ancora sottolineata dai particolari soggetti ai quali l'animazione si rivolge e dai luoghi in cui essa si svolge. Infatti molti di questi soggetti, così come molti di questi luoghi, non erano mai stati considerati dagli studi accademici, o semplicemente ortodossi, dell'educazione. E' però proprio questa eccentricità che ha consentito all'animazione di sviluppare quei concetti teorici, quei metodi e quelle tecniche che oggi le consentono di essere riconosciuta come uno dei modi più validi di fare educazione. 
Con la sua "diversità", l'animazione ha dimostrato che è possibile educare in ogni contesto, in ogni età della vita dell'uomo ed in ogni luogo, purché esista un minimo di condizioni di libertà. Ha dimostrato poi che si può educare anche al di fuori delle tradizionali istituzioni educative, oltre a trasformare radicalmente molti concetti-base dell'educazione spostandone gli obiettivi e i confini. 
E' forse questo il motivo per cui oggi si possono riconoscere come educative delle attività che prima erano rigorosamente escluse dall'educazione e che invece appartenevano a pieno titolo all'animazione. 
Si può tranquillamente dire che l'educazione può affermare che l'animazione le appartiene solo perché l'animazione ha ampliato i confini del dominio tradizionale dell'educazione. 
Qualche esempio non guasta. 
Se oggi l'educazione può prendere in considerazione come soggetti e luoghi dell'educazione persone non in età scolare e ambienti diversi da quelli dell'istituzione scolastica, ciò è dovuto principalmente al fatto che l'animazione, con la sua prassi concreta, ha dimostrato che l'educazione investe tutto l'arco della vita umana e può avvenire in ogni luogo in cui la vita si manifesta. 
Se oggi l'educazione considera il gruppo, e non solo la relazione a tu per tu (insegnante-allievo), un luogo educativo, ciò è dovuto in gran parte all'animazione che - utilizzando abbondantemente le dinamiche di gruppo - ha dimostrato che queste possono offrire un di più all'educazione. 
Ancora: se oggi si accetta abbastanza tranquillamente l'affermazione che i processi di inculturazione e di socializzazione sono una dimensione non trascurabile del processo educativo, si deve riconoscere che un qualche contributo a ciò lo ha dato l'animazione. 
Infine, se l'educazione è divenuta una forma di liberazione in molte situazioni storiche in cui le persone vivono uno stato di carente realizzazione umana, anche qui qualche merito, anche se non esclusivo, l'animazione può rivendicarlo. Può, ad esempio, rivendicare molti più meriti della educazione scolastica o familiare, specialmente se si riconosce una diretta continuità tra l'educazione degli adulti (tipica dei movimenti di emancipazione politici ed umanitari del secolo scorso e degli inizi di questo) e l'animazione sociale e culturale odierna. 
Dopo queste sommarie precisazioni rimane ancora aperto un problema. Infatti se l'educazione, grazie all'animazione, ha allargato il proprio dominio tradizionale, ha ancora senso continuare a parlare di animazione? Non sarebbe meglio abbandonare questa locuzione a favore di quella di educazione? 
Questa considerazione è tutt'altro che priva di potere persuasivo. Tuttavia alcune osservazioni consentono di respingerla.

Animazione ed educazione: le ragioni della differenza

La prima osservazione è che l'animazione culturale non si è mai dichiarata "neutrale", come invece fa abitualmente l'educazione, rispetto alle concezioni dell'uomo, della società e del senso della vita che formano il pluralismo delle attuali società complesse e, prima, di quelle semplicemente industriali. 
L'animazione si è sempre dichiarata, pur riconoscendo la libertà dei soggetti a cui si rivolge, come una azione "militante" da parte di persone che credono nel valore liberante dell'educazione e che sono motivate nella loro azione da un particolare credo religioso, politico o sociale. Questo anche dopo l'abbandono post-sessantottesco della funzione politica dell'animazione. 
Rifiutando comunque energicamente la manipolazione e l'indottrinamento e facendo del metodo critico un fondamento del suo agire.Il modello del buon educatore, specie di quello che opera all'interno delle istituzioni educative, propone invece un modo di essere il più aperto possibile nei confronti del pluralismo culturale, politico, sociale e religioso della società in cui opera. Sia chiaro però che nell'animazione non possono confluire tutte le fedi. Solo quelle che mettono al centro il discorso della dignità, della libertà e della autonomia della persona umana hanno titolo per sostenere e motivare l'azione dell'animazione. 
Una seconda osservazione deriva dalla constatazione che l'animazione, nonostante in molti casi sia entrata nelle istituzioni, educative e non, non ha bisogno per realizzarsi del contesto istituzionale, al contrario dell'educazione che si fonda sempre su una istituzione: scuola, famiglia, chiesa, ecc. 
Una terza osservazione, che ne consegue direttamente, è che i soggetti dell'animazione sono quasi sempre volontari in quanto essi, almeno parzialmente, scelgono volontariamente di vivere questa particolare esperienza educativa, e non perché costretti dalle regole sociali. 
Un'ultima osservazione è che l'animazione - a differenza dell'educazione - non deve trasmettere un sapere sociale e dei modelli di comportamento riconosciuti come validi dalla cultura sociale dominante, ma deve invece aiutare la persona a realizzarsi e a divenire un protagonista della propria costruzione come individuo e come soggetto sociale. 
Questo non vuol dire che l'animazione non trasmetta alcun sapere sociale consolidato o alcun modello di comportamento dominante, ma solo che questi non sono al primo posto tra i suoi obiettivi formativi. 
Basti pensare a quelle situazioni in cui l'animazione si fa strumento della espressione, da parte di un gruppo di persone, della solidarietà e della fiducia nei confronti di persone che soffro no la distruttività del disagio, della devianza e della emarginazione. In questi casi si ha l'esaltazione della animazione come espressione, a livello educativo, dell'amore alla vita e della fede nella capacità dell'uomo di evolvere al di là del suo stato attuale. 
L'animazione si pone sempre come manifestazione concreta della fiducia che la vita si esprime anche laddove tutto sembra negarla. Ora questa scommessa, che anche le istituzioni educative possono fare e, a onor del vero, in qualche sporadico caso fanno, è tipica dell'animazione e ne costituisce il fondamento. 
L'utopia scalda sempre il cuore dell'animatore proiettandolo verso il futuro più che verso il passato, verso l'innovazione più che verso la pura e semplice conservazione. 
In altre parole: al centro dell'animazione non vi sono una società e una cultura sociale che vogliono perpetuarsi, ma degli individui che cercano di emanciparsi dalle costrizioni interne ed esterne che impediscono la loro realizzazione personale, per ottenere la quale, magari, operano per modificare la struttura e la cultura sociale. 
Queste brevi considerazioni motivano il perché, nonostante si riconosca che l'animazione è un modo di fare educazione, sia conveniente che essa mantenga una sua specifica identità.

C'è ancora un futuro per l'animazione?

Come si è visto, all'inizio l'animazione si era sviluppata, in molti casi, sotto la spinta di quei movimenti collettivi che mettevano in primo piano la partecipazione della base alla gestione del territorio e delle istituzioni sociali. L'esaurimento o l'indebolimento delle "utopie" della partecipazione non hanno però ridotto la presenza dell'animazione: essa era andata progressivamente spostando il proprio ruolo da quello di "ancella" del politico a quello autonomo di modello educativo, pur non perdendo alcune tensioni ideali caratteristiche della sua origine. 
Ma vi è una domanda che molti operatori sociali potrebbero porsi: questa trasformazione (che ha garantito all'animazione di passare indenne attraverso i processi di riflusso degli anni passati) è sufficiente a garantire anche nella realtà attuale un suo ruolo significativo? La domanda non è peregrina: la realtà sociale odierna presenta infatti dei caratteri che, a prima vista, difficilmente sembrano accordarsi con le concezioni di uomo e con i modelli esistenziali di cui l'animazione è portatrice. 
Un esempio di questa dissonanza è facilmente leggibile nel modo di porsi oggi di molti di fronte al tempo. 
L' uomo contemporaneo tende a vivere il tempo come un eterno presente e non come una storia che va da un passato verso un futuro. Una conseguenza di tale atteggiamento è la perdita della dimensione progettuale, il che significa, per molte persone, l'incapacità di vivere secondo un dover essere che permetta, attraverso scelte continue, di rimanere fedeli a un proprio personale progetto di autorealizzazione. Si tende oggi a vivere cogliendo nel presente il maggior numero possibile di opportunità di autogratificazione e di consumo, senza curarsi della loro compatibilità o del loro valore etico. La coerenza non è più un valore perseguito e l'incoerenza non genera più sensi di colpa. 
La stessa riflessione potrebbe certamente essere sviluppata per altri caratteri della realtà sociale. 
Ora proprio perché l'attuale cultura sociale sembra smentire i valori su cui si fonda l'animazione, ed in primo luogo quelli inerenti la dimensione progettuale dell'essere umano, l'animazione viene rilanciata con nuovo vigore sulla scena educativa. Questa affermazione non nasce dal gusto del paradosso, ma semplicemente dalla constatazione che la perdita del senso storico del tempo è una grave forma di malattia esistenziale per l'uomo contemporaneo. Malattia che egli vive, ad esempio, con la massificazione da un lato e con l'isolamento dall'altro. Oppure con la ricerca di un senso in pratiche e consumi che lo allontanano da se stesso. dalla sua vita e dalla storia che la inscrive. Il narcisismo, l'individualismo e la competitività esasperata non sono che gli effetti concreti di questa malattia esistenziale. Ora, essendo l'animazione da sempre uno strumento, povero ma efficace, attraverso cui viene offerta alle persone la possibilità di scoprire una dimensione più autentica di esistenza individuale e collettiva, si può comprendere il perché essa non abbia assolutamente esaurito il suo ruolo, ma, anzi, abbia di fronte a sé nuove e ancora più appassionanti avventure educative da vivere.  E' chiaro che questo spazio, che le trasformazioni della cultura sociale offrono all'animazione, per essere adeguatamente utilizzato richiede che l'animazione sappia aggiornarsi, riformularsi per adeguarsi ai nuovi terreni della sfida che la società complessa le offre. E' necessario perciò, ancor più che nel passato, che gli animatori nutrano la loro militanza ideale di nuovi e più sofisticati contenuti scientifici e culturali. 
Purtroppo, invece, la diffusione dell'animazione ha favorito il nascere di modi di fare animazione e di animatori assolutamente inadeguati rispetto agli obiettivi. 
Molti animatori sono, infatti, solo degli "apprendisti stregoni" che utilizzano, spesso a sproposito, tecniche del lavoro psico-sociale senza possedere una adeguata conoscenza sia delle tecniche che dei fondamenti teorici che le motivano. O, ancora, per molti di essi animare è solo un modo per riverniciare di nuovo delle attività educative assolutamente tradizionali. 
Bisogna riconoscere che in molti centri di formazione del mondo cattolico la cultura dell'animazione ha già affondato radici abbastanza profonde. Tuttavia, per non correre il rischio di una sorta di ghettizzazione, essa deve muovere in campo aperto e contribuire al rinnovamento della cultura sociale attuale offrendo i doni delle sue elaborazioni e dei vissuti.

Mario Pollo

 
Venerdì 19 Aprile 2024
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